La poesia non ha un colore. Può parlare dei colori, ma di per sé non ne ha uno. Non occupa spazio. Non ha peso. Non si può girare attorno a una poesia, prenderla in mano, aprirla per vedere che cosa contiene. La poesia non è fatta di una sostanza specifica. Non è ruvida o liscia, trasparente od opaca, a meno di non considerare queste parole in senso metaforico (ma non è la stessa cosa). Non si può fisicamente andare a sbattere contro una poesia. A regalare una poesia, che sia scritta su un foglietto o recitata a voce, si dà un po’ l’impressione di avere le braccine corte.
Io dico che è un problema.
Intendiamoci: che la poesia sia immateriale non è di per sé una brutta cosa. Ma il mondo ha anche un lato materiale. E questo lato alla poesia è precluso: può parlarne, ma non ne ha esperienza diretta (e perciò non può trasmetterla, questa esperienza, per quanto si sforzi).
Salvo che non è vero. Tutto quello che ho scritto finora vale per molta poesia, ma non per tutta. Esiste una poesia che effettivamente ha colore, occupa spazio, si può toccare con le mani e se per caso cade sopra un piede fa vedere le stelle (non quelle di Dante, quelle di Willy il Coyote). È una particolare forma di poesia che nasce quando un’anima (fatta di versi impalpabili) incontra un corpo (fatto di carta, stoffa, metallo…) e crea con esso un tutto unico e indivisibile. Perché nasca bisogna mettere insieme un poeta con un artista visivo e lasciare che si fecondino a vicenda. Vedo qualcuno che arriccia il baffo in terza fila: non c’è nulla di cui vergognarsi, è una cosa perfettamente naturale. Il poeta e l’artista possono anche essere la stessa persona. O possono essere anche più di due. Non facciamo i moralisti. Il risultato è sempre un miracolo.
Il risultato è un libro oggetto.
Libri di versi – come ben sa chi ha seguito almeno una delle dodici passate edizioni – è una mostra di libri oggetto. Di poesie diventate corpo. Di forme plastiche abitate da un’anima di parole. Quest’anno, per la tredicesima edizione, le opere sono trentaquattro. Quarantadue tra poeti e artisti visivi (yes) si sono dati da fare, nonostante le restrizioni, per superare i limiti dei rispettivi ambiti di ricerca.
In tempi di pandemia, lo sappiamo tutti, comunicare diventa più difficile. Viene spontaneo rinunciare al contatto tangibile per rifugiarsi in quello virtuale, che è equivalente solo in apparenza. Pur con tutte le doverose precauzioni, Libri di versi rema in senso contrario: queste poesie sono fatte per essere toccate, soppesate, accarezzate. Sono corpi. Vi diranno cose che i versi da soli non avrebbero potuto dirvi.
Avvicinatevi, non siate timidi. Andateci a sbattere, se necessario. Ci pensiamo noi a rimettere a posto.
Buona esperienza.
L’esposizione Libri di versi 13 è curata da Sandro Pellarin e verrà inaugurato sabato 10 luglio alle ore 18.30 presso il Museo Archeologico Nazionale Concordiese, con la presentazione di Stefano Pillon. Alle ore 21.00, nel Chiostro dell’Istituto Marconi, i poeti presenti leggeranno le loro opere presentati da Piero Simon Ostan e Guido Cupani e accompagnati dalle percussioni di Ermes Ghirardini.
Libri di versi 13 sarà visitabile dall’11 luglio al 29 agosto nei seguenti orari: venerdì: 8.30-13.30 (chiusura biglietteria 13.00), sabato: 14.30-19.30 (chiusura biglietteria 19.00), domenica: 8.30-13.30 (chiusura biglietteria 13.00); chiuso nelle domeniche 11-25 luglio e 8-22 agosto. Il biglietto di ingresso al museo è di € 6. Solo per l’inaugurazione, l’ingresso al museo sarà gratuito con invito.
Per prenotazioni: +39 350 0868227.